Scambio Culturale: I Baschi al Liceo Bodoni di Saluzzo
«Guardi, prof, questa è l’ultima volta che mi faccio coinvolgere in uno scambio culturale. Al prossimo figlio mi oppongo, mi rifiuto di accogliere studenti in casa».
«Ma perché? Per il liceo Bodoni sono un’occasione importante, ai ragazzi fa bene, serve anche a far conoscere Saluzzo nel mondo, so che è sensibile a questo argomento!».
«Ma sì, va bene! Però, vede, ai miei tempi (che poi sono anche i suoi!) c’erano le vecchie, care, tradizionali gite scolastiche. Magari sempre in quelle tre o quattro città che almeno si poteva dire di conoscere anche quando ci andavano i figli, sulle quali si sa sempre qualcosa perché le guide turistiche spiegano che cosa vedere. Adesso invece no, si vanno ad infilare in paesi che non si sa neppure dove cercare sull’atlante, in posti sperduti senza attrazioni turistiche, sui quali quindi si cerca di andare a scoprire quel poco che c’è... mio figlio, ad esempio, è andato in un posto di cui non so neanche pronunciare il nome...».
«Lazkao, è in Spagna».
«Sì, però non parlano spagnolo!»
«Parlano basco, alla ikastola San Benito hanno tutto l’insegnamento in basco, è la loro lingua»
«Che non si capisce. E non hanno niente di significativo da vedere. Così vanno a recuperare una cascina antica, con la macina dentro, una diga in legno, la produzione di formaggio... sì, va bene, vanno anche al Guggenheim e a San Sebastián, però vedono posti poco significativi, si abituano a fare attenzione a piccole cose, ed è un atteggiamento pericoloso, perché poi lo si esporta anche qui da noi, e finisce che ci accorgiamo di avere tesori vicini, che quindi poi tocca andare a vedere, a conoscere, anziché continuare a trascurarli...»
«Ma non è un bene? Il castello della Manta è un gioiello a noi vicino, alcuni studenti non l’avevano mai visto!»
«E magari i nostri studenti, o anche i loro, hanno continuato a non vederlo, anche se ci sono entrati... Voglio dire, non sarebbe anche stato meglio accogliere gli studenti loro e nostri in un hotel?
Quei sani hotel standard tutti uguali in ogni luogo, dove si sa già che cosa si mangia... Non in famiglia, dove si scoprono nuovi cibi, nuove abitudini di vita, nuove quotidianità, e anche questo è dannoso, perché alcuni di quelli ce li importano anche in casa.»
«Magari tornando indietro scoprono anche di nuovo il piacere dei gusti nostri e la ricchezza della cucina familiare...»
«È possibile, ma nello stesso tempo imparano che sono sensate e valide anche consuetudini diverse, e finisce che dobbiamo chiederci sempre anche il perché delle nostre scelte, anziché continuare a ripetere sempre il solito, perché si è sempre fatto così.
«Ma non è bello avere in casa persone che parlano lingue nuove, avere il mondo in casa...?»
«Così poi mi tocca ascoltare mia figlia che mi spiega come fanno di là, e provare a spiegare come facciamo noi... Io preferirei non pensare...»
«Ma così deve mettersi in gioco sua figlia, prendersi cura di qualcuno...»
«Cosa che non fa mai»
«Appunto! Così impara...! Non ha dovuto prendersi un po’ sulle spalle la responsabilità di non stare sempre al centro dell’attenzione, di pensare agli altri?»
«Ma sì! Pensi che quando è stata ospitata all’estero, ha accettato di dividere la camera con la sua ospite, cosa che in casa con la sorella non ha mai voluto fare, e ha mangiato cibi che ha sempre rifiutato schifata!»
«Ma allora dove è il male?»
«Ma ci pensi! Le dico solo questo, che forse capisce meglio. Là imparano altri modi di fare scuola, e gli piace!».
«Vabbè, scoprono anche che la nostra scuola non è poi così male!»
«Peggio! Ma scusi, ci ha mai pensato quanto sia importante la possibilità di lamentarci?»
«Ma siete stati così male con la vostra ospite?»
«Ci siamo affezionati. E questo è un altro problema: non potevamo starcene tranquilli per conto nostro, continuando a lamentarci dei giovani (magari tranne nostra figlia)? Invece no, ci sono anche passati in casa tanti di loro, e hanno difetti, ma sono anche belli, buoni... E a noi è andata bene! Ho sentito di famiglie in cui l’ospite era noioso, o musone, o ribelle, e li ha fatti faticare come se avessero un altro figlio scapestrato. Certo, il figlio scapestrato te lo tieni per anni, l’ospite per una settimana»
«Io ho anche sentito di altri che hanno continuato a sentirsi con l’altro studente, e addirittura a vedersi, anche ad anni di distanza dallo scambio. Tra i docenti dell’altra scuola io ormai ho degli amici, ho imparato modi nuovi di fare scuola»
«Vede che mi dà ragione? Meglio starsene nelle nostre abitudini vecchie, che conosciamo già, meglio poter continuare a brontolare... altrimenti poi ci abituiamo al mondo aperto e finiamo col diventare ottimisti sul futuro! Prof, uscire dalle proprie abitudini e comodità, è pericoloso!».
Angelo Fracchia, nella doppia veste di docente che, con le classi quarte A, C ed E del liceo “Bodoni” di Saluzzo, ha accolto 44 studenti baschi dal 19 al 24 gennaio, e di padre di studente in scambio culturale in un progetto diverso.